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Gnocchi turchi consegnati con una Tesla

Fare impresa in tempi di crisi

Murat Cifci (Ekmekci)

Murat Cifci ha cominciato nel 2014 con il suo primo banco di panini al mercato coperto. Poi sono arrivati i ristoranti di Rotterdam e, all'inizio di quest'anno, quello di Eindhoven. Tutti con il marchio Ekmekci, e tutti di successo. Quest'anno aveva previsto di aprire altri due locali, ma quando quella famosa domenica del 15 marzo è scoppiata la pandemia di coronavirus ha dovuto chiudere come tutti gli altri locali.

 

Per Murat, in realtà, non è stata una vera sorpresa. Anzi, era già preparato. «Avevo sentito le notizie dall'Asia, perciò all'inizio di marzo ho riunito il mio team. Insieme abbiamo studiato un piano strategico nel caso in cui avessimo dovuto chiudere. Piccole ristrutturazioni, corsi di formazione per il personale, sessioni di team building, servizi di asporto e consegne a domicilio. Con grande sorpresa dei miei colleghi di altri esercizi avevamo già previsto tutto», spiega Murat ridendo.

 

"Abbiamo davvero usato ogni mezzo di trasporto disponibile. Scooter, bici, moto, l'auto di mia moglie e persino la mia. La gente scoppia a ridere quando si vede consegnare il cibo con una Tesla.

Reagire velocemente

I primi giorni dopo la chiusura, i dubbi su cosa si potesse fare e cosa no erano ancora molti. Ma una volta chiarito che i servizi di delivery e take-away erano consentiti, Murat e il suo team hanno messo in atto il loro piano d'azione. «Ho subito fatto realizzare un sito online dedicato alle ordinazioni, oltre al nostro primo sito. Nel giro di due giorni era già pronto e funzionante. Inoltre ho registrato i locali su Just Eat. Ora le ordinazioni si possono effettuare su entrambi i siti e noi ci occupiamo personalmente delle consegne.»

Il servizio di consegne a domicilio ha avuto un successo immediato. In realtà non c'è da stupirsi, perché le specialità di Ekmekci, soprattutto il loro gözleme – un piatto tradizionale turco che Murat ha adattato al gusto dell'Europa occidentale –, sono sempre piaciute. «È importante avere pronto un piano strategico e sapere cosa fare, ma bisogna anche avere un team che si fidi ciecamente. Io vado fiero della mia squadra. Il cambiamento ha funzionato subito: l'addetto alla griglia si è incaricato delle consegne, così come gli altri manager. Io stesso ho voluto occuparmene, perché dovevo sapere come funzionano e cosa stavo chiedendo al mio personale. Abbiamo davvero utilizzato ogni mezzo di trasporto. Scooter, bici, moto, l'auto di mia moglie e persino la mia. La gente scoppia a ridere quando si vede consegnare il cibo con una Tesla», racconta Murat orgoglioso.

Il servizio deve essere rapido e di qualità

Adottare il nuovo metodo di lavoro, comunque, non è stato semplice. «Ogni locale ha la sua zona di consegna. Ho impiegato un giorno intero per capire quanto tempo serviva per effettuare le consegne da ogni ristorante. Ho scaricato tutti i codici postali e li ho inseriti uno a uno su Google Maps per calcolare il tempo del tragitto. Inoltre abbiamo dovuto stabilire la quantità minima di ordinazione e i costi per le consegne a domicilio. Ho riguardato tutto sei volte, perché ci erano arrivati dei reclami. Eravamo troppo lenti, l'ordine minimo troppo caro. Siamo andati avanti per tentativi, anche sbagliando, ma adesso ce l'abbiamo fatta.»

Consegnare cibo a domicilio comporta anche tutta una serie di altri problemi, per esempio l'imballaggio. «Con i nostri banchi al mercato avevamo già molta esperienza con il take-away, ma per alcuni prodotti ci siamo dovuti scervellare. E, naturalmente, abbiamo modificato e adattato il menu. Abbiamo tolto la colazione, perché non era fattibile. E abbiamo eliminato quelle varianti di gözleme per le quali non potevo garantire la freschezza. Per i clienti la qualità è sempre la stessa alla quale sono abituati.

Salvaguardare il personale

Per Murat la chiusura dei suoi ristoranti ha significato una perdita del 70-80% ma, nonostante tutto, finora non ha licenziato nessuno dei suoi oltre 100 collaboratori. «È sempre stata nostra intenzione, fin dall'inizio, prenderci cura dei nostri dipendenti e continuare a occupare tutti, anche a costo di doverli pagare di tasca nostra. Fin dal primo giorno di chiusura ho inviato questo messaggio su WhatsApp a tutte le filiali: "Niente panico, farò il possibile per continuare a mantenere i posti di lavoro e pagarvi. Non sappiamo ancora come si evolverà la situazione. Naturalmente abbiamo fatto domanda per ricevere un sussidio di emergenza (in Olanda, il «NOW»). 

Per Eindhoven non abbiamo ricevuto nulla, perché l'assistenza era basata sulla retribuzione dei dipendenti per gennaio e allora non ne avevamo ancora. Quindi stiamo ancora colmando questo divario, anche per i dipendenti con contratti flessibili. In fondo dipendiamo dal personale e dobbiamo ancora pagare l'affitto. Posso capire i piccoli proprietari, mentre con quelli grandi ne stiamo parlando. Mi aspetto che alla fine troveremo una soluzione che vada bene per tutti.»

«Fin dal primo momento il nostro primo pensiero è sempre stato prendersi cura dei nostri collaboratori e continuare a farli lavorare, anche a costo di dovergli anticipare lo stipendio di tasca nostra.»

 

Riapertura del settore HO.RE.CA.

Il 1° giugno i ristoranti e i bar con dehor hanno potuto riaprire nel rispetto di alcune regole e condizioni, e Murat e il suo team si sono fatti trovare pronti. «E' presente solo il personale indispensabile, perché non possiamo avere più di 30 clienti in sala. Quindi lavoriamo a turni di 45 minuti ciascuno con 15 minuti di pausa tra un turno e l'altro per pulire e riordinare. Chi ordina online può specificare dove desidera mangiare, così possiamo preparare il tutto in anticipo. Normalmente da noi i piatti arrivano al tavolo nel giro di 8-9 minuti, ma stiamo cercando di velocizzare ancora di più il servizio.

All'Alexandrium e ad Eindhoven abbiamo due ingressi che verranno utilizzati come ingresso e come uscita. Abbiamo organizzato un punto fisso dove i clienti possono ritirare le ordinazioni di persona. I tavoli sono dotati di un codice QR, così i clienti possono ordinare e pagare via smartphone e noi non dovremo più andare ai tavoli. Solo ad Eindhoven abbiamo una zona esterna, questo è stato il primo posto a riaprire il 1° giugno. Nel dehor siamo riusciti a posizionare cinque tavoli. I nostri siti web di ordinazione ci hanno permesso di raccogliere molti indirizzi e-mail attraverso i quali possiamo invitare i clienti a prenotare online e a venire a mangiare da noi. In ogni caso continueremo con le consegne a domicilio perché solo con 30 clienti al giorno non è possibile raggiungere un normale fatturato.»

"Abbiamo già pronti i manuali operativi dei nostri franchising e MEIKO è stata subito scelta come partner. Le macchine sono eccellenti, il servizio assistenza anche e il personale davvero disponibile e collaborativo."

 

Il coraggio di guardare avanti

Nonostante ci troviamo ancora nel mezzo della crisi, e nessuno sappia per quanto, Murat ha il coraggio di guardare avanti. «Questa situazione offre anche nuove prospettive, per esempio nuovi locali che si liberano. Noi vogliamo ancora crescere e ingrandirci a livello nazionale, magari anche internazionale. Per questo lavoriamo con delle opzioni di franchising. Abbiamo già pronti i manuali operativi dei nostri franchising e MEIKO è stata subito scelta come partner. Le macchine sono eccellenti, il servizio assistenza anche e il personale veramente disponibile e collaborativo. Ho avuto subito una sensazione positiva e ho deciso che avrei sempre scelto MEIKO.» Non resta che sperare che arrivino presto tempi migliori in modo che Murat possa realizzare i suoi desideri e far crescere il suo business.

Prova anche tu la cucina turca d'eccellenza: www.ekmekci.nl

Murat Cifci (Ekmekci) e Hans Nunnikhoven (MEIKO Olanda)
Murat Cifci (Ekmekci) e Hans Nunnikhoven (MEIKO Olanda)